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T.A.R. Piemonte sulla ragionevole applicazione dei principi di massima concorrenza e di equivalenza

T.A.R. Piemonte sulla ragionevole applicazione dei principi di massima concorrenza e di equivalenza

soglie di sbarramento

T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 25.5.2021 n. 536, sulla ragionevole applicazione dei principi di massima concorrenza e di equivalenza da parte della Amministrazione appaltante nell’ambito dei confini delineati dalla legge di gara

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la il Piemonte, con sentenza n. 536 pubblicata lo scorso 25 maggio 2021, si è pronunciato sulla questione della ragionevole applicazione dei principi di massima concorrenza e di equivalenza da parte della Amministrazione appaltante nell’ambito dei confini delineati dalla legge di gara.

Al riguardo, il Giudice amministrativo – con la pronuncia in commento –  ha chiarito come il principio di equivalenza, che permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica (e segnatamente la materia degli appalti di forniture) si ponga a presidio del principio comunitario di libera concorrenza in un’ottica di favor partecipationis da parte degli operatori economici sostanzialmente in grado di garantire quanto richiesto dall’amministrazione, atteso che, ai sensi dell’art. 68, comma 4, del D.Lgs. 50/2016 – attuativo dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE – “le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.

Rispetto al richiamato principio (recepito ed espresso, nel nostro ordinamento, all’art. 68 del Codice dei Contratti ai sensi del quale l’Amministrazione appaltante non può escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche se l’offerente dimostra “che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”) la giurisprudenza maggioritaria ha costantemente rimarcato il carattere “funzionale” dello stesso intendendolo in termini di maggiore flessibilità dei parametri valutativi delle offerte tecniche, legati a criteri di conformità sostanziale e non anche formalistici (a salvaguardia della par condicio dei concorrenti e delle indebite restrizioni della concorrenza che potrebbero verificarsi) e rilevato come l’equivalenza funzionale del prodotto offerto dall’operatore economico – ai sensi dell’art. 68, comma 7, del D.Lgs. 50/2016 – possa essere dimostrata con qualsiasi mezzo appropriato in sede di gara dall’operatore (ex multis Cons. Stato, sez. III, 1° ottobre 2019, n. 6560).

Sotto tale profilo, il Tribunale Amministrativo torinese – escludendo che l’offerta dell’aggiudicataria potesse essere qualificata come “difforme” rispetto alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara (proprio in ragione del dimostrato raggiungimento degli standard tecnico-qualitativi richiesti dalla lex specialis – ha puntualizzato, quanto all’esplicitazione del giudizio di equivalenza ed ai margini di valutazione dell’Amministrazione appaltante, che la commissione giudicatrice “può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2020, n. 7404) e, rispetto agli appalti di fornitura, che “la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti è quindi generalmente ritenuta sufficiente a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento del giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2093)” (Cons. Stato, sez IV, 4 marzo 2021, n. 1863); giudizio di equivalenza che, sempre secondo il TAR, costituisce esercizio di discrezionalità tecnica dell’amministrazione, scrutinabile dal giudice amministrativo esclusivamente sotto il profilo della “manifesta illogicità, della violazione dei limiti normativi, del rispetto della genuinità della gara in stretta correlazione con il principio di concorrenza e di massima partecipazione alla gara, nel rispetto dell’art. 68 del Codice dei Contratti pubblici, e ancora del travisamento palese dei fatti, del difetto di motivazione nonché dell’evidente contraddittorietà e irragionevolezza della decisione adottata dalla stazione appaltante, in esito alla disamina delle differenti offerte tecniche presentate” (Tar Lazio, sez. I, 1 aprile 2019, n. 4247).

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