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L’incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto

L’incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato sez. IV 16/5/2025 n. 4226 Per gli appalti di servizi e forniture, l’incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto non è considerato nel calcolo della variazione del costo del servizio o della fornitura ai fini dell’attivazione delle clausole di revisione prezzi

Con la sentenza n. 4226/2025, il Consiglio di Stato affronta la questione di legittimità di una clausola contrattuale che, nel disciplinare la revisione prezzi ex art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006, prevede una franchigia del 3% al di sotto della quale non è dovuto alcun adeguamento.

La vicenda nasce dall’appello proposto dalla mandataria dell’ATI affidataria del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e servizi di nettezza urbana nel Comune di Viterbo, avverso la sentenza del TAR Lazio che aveva rigettato la richiesta di declaratoria di nullità della clausola negoziale in quanto ritenuta lesiva del principio di revisione obbligatoria.

Secondo l’appellante, la detrazione dell’alea del 3% privava l’adeguamento di efficacia equitativa, violando la norma imperativa dell’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 e alterando l’equilibrio contrattuale.

Il Consiglio di Stato, richiamando la sopravvenuta normativa del D.Lgs. 36/2023, pur non applicabile ratione temporis, all’art. 60, comma 2-bis chiarisce che gli incrementi riconosciuti in forza dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo (es. ISTAT) non si computano ai fini del superamento della soglia del 5% che ne attiva la revisione.

Si tratta di una norma che ribadisce la distinzione tra adeguamento ordinario e revisione straordinaria, impedendo che strumenti differenti vengano cumulati in modo improprio.

Sulla base di tale considerazione, il Collegio ha respinto l’appello affermando che l’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 è vero che da una parte impone la previsione di una clausola di revisione, ma dall’altra non preclude la possibilità di definire convenzionalmente soglie minime di inoperatività del meccanismo, coerenti con l’alea normale insita nei contratti di durata.

Nessun profilo di nullità è ravvisabile, né sul piano letterale né sistematico, essendo la franchigia uno strumento legittimo di allocazione del rischio contrattuale.

Ne consegue che, l’incremento riconosciuto tramite adeguamento automatico non può essere utilizzato per integrare o superare la soglia che legittima la revisione prezzi, confermando una lettura coerente con l’equilibrio tra stabilità negoziale e tutela dell’interesse pubblico.

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