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Il lavoro supplementare può essere utilizzato anche per eseguire “prestazioni ordinarie” di servizio

Il lavoro supplementare può essere utilizzato anche per eseguire “prestazioni ordinarie” di servizio

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Cons. Stato, Sez. V, 24 aprile 2023, n. 4144. Il lavoro supplementare può essere utilizzato anche per eseguire “prestazioni ordinarie” di servizio

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un Operatore economico avverso l’aggiudicazione disposta da Autovie Venete S.p.A. in favore di altra impresa per l’affidamento triennale del servizio di pulizie e fornitura di materiale igienico-sanitario a ridotto impatto ambientale.

In primo grado il ricorso era stato respinto dal TAR Friuli Venezia Giulia con sentenza n. 206/2022 e l’Operatore non aggiudicatario aveva interposto appello avverso il suddetto provvedimento reso in forma semplificata.

Parte ricorrente lamentava il fatto che l’aggiudicataria avrebbe giustificato solo il costo del lavoro per l’attività ordinaria, senza tener conto dei maggiori oneri di manodopera direttamente discendenti dalle numerose migliorie apportate nella propria relazione, costituente parte integrante dell’offerta. E censurava altresì, mediante il secondo motivo, che l’istituto del lavoro supplementare, cui l’aggiudicataria aveva fatto sistematico ricorso per la sostituzione del personale assente, poteva essere utilizzato solo in condizioni eccezionali e situazioni contingenti, e non come sistema di organizzazione normale del lavoro. Il lavoro supplementare non potrebbe fungere, in tesi attorea, da parametro oggettivo per giustificare lo scostamento dalle tabelle ministeriali, in ragione del suo carattere aleatorio.

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello affermando quanto segue: “Il lavoro supplementare è quindi istituto espressamente previsto sia dalla contrattazione collettiva sia dalla normativa di riferimento, che può essere utilizzato dall’imprenditore quale possibile soluzione organizzativa.

La giurisprudenza sul punto ha chiarito che: “il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa. L’eventuale rifiuto del lavoratore – che apparentemente sembra previsto solo dalla disciplina legislativa di default, ma che secondo una parte della dottrina non può essere limitato al caso in cui manchi la disciplina collettiva – riguarda un profilo attinente ai rapporti interni tra datore e lavoratore, senza intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3244; in termini: Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2020, n. 6336; Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 dicembre 2019, n. 8303; TAR Lazio, sez. III-bis, 3 maggio 2018, n. 4966 ).

Proprio in quanto modalità (ordinaria) di organizzazione del lavoro, diversamente da quanto sostiene l’appellante, il lavoro supplementare può essere utilizzato anche per eseguire “prestazioni ordinarie” di servizio come affermato da questa Sezione con sentenza 8 maggio 2020, n. 290”.

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