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Il termine per la conclusione del contratto non è inderogabilmente perentorio, ma è da ritenere un adempimento da definirsi nel minor tempo possibile

Il termine per la conclusione del contratto non è inderogabilmente perentorio, ma è da ritenere un adempimento da definirsi nel minor tempo possibile

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, Sez. III, 21 giugno 2023, n. 6074. Il termine per la conclusione del contratto non è inderogabilmente perentorio, ma è da ritenere un adempimento da definirsi nel minor tempo possibile

Il Supremo Consesso è intervenuto con la sentenza in disamina per procedere con degli approfondimenti in merito al termine per la conclusione del contratto alla luce delle interpretazioni, non condivise, offerte dal Giudice di primo grado in ordine a precedente statuizione resa dalla stessa Sezione n. 1283 del 2022.

Gli aspetti della sentenza impugnati sono stati ritenuti criticabili anche per la non condivisibile ricostruzione dei termini previsti, nella legge e nel bando di gara, per la stipula del contratto e per la verifica del possesso, in capo all’operatore economico aggiudicatario, dei promessi requisiti di esecuzione del contratto.

Sul primo punto il Consiglio di Stato ha precisato di non avere mai inteso sostenere che il termine per la stipula del contratto fosse un termine rinviabile sine die e senza motivazione, e che con esso fosse parimenti prorogabile ad libitum il termine per l’aggiudicatario di adempiere alla sua specifica obbligazione di mettere a disposizione della stazione appaltante i mezzi necessari per il pronto e perfetto adempimento dell’offerta presentata in gara. La regola imprescindibile, infatti, è che esiste un dovere funzionale dell’amministrazione di effettuare tempestivamente il controllo sui requisiti, di regola (e salvo motivati casi eccezionali) prima della stipula del contratto e possibilmente nei termini per la stipula previsti nel bando (e, in mancanza, nella legge).

Sotto il secondo profilo, il Collegio ha osservato, alla luce di quanto sopra, che non può accettarsi la tesi, sostenuta dal Giudice di prime cure, secondo la quale la verifica può ritardarsi anche per anni senza soggiacere ad alcun termine: così argomentando si vanifica indirettamente, ex post, la par condicio dei partecipanti alla procedura selettiva, poiché si consente alla stazione appaltante, ritardando oltremodo la verifica e affidando nelle more in via d’urgenza l’esecuzione anticipata dal contratto, di favorire l’aggiudicatario consentendogli tutto il tempo desiderato per apprestare quei mezzi di esecuzione e di adempimento del contratto che, sì, non dovevano essere posseduti già al momento della partecipazione alla gara e avrebbero potuto essere acquisiti successivamente, ma che certamente non possono essere apprestati in un tempo successivo indeterminato, sine die.

A parere del Collegio, sia l’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 che, ancor più, l’art. 18 comma 2, lettera c) del nuovo codice dei contratti, approvato con il decreto legislativo n. 36 del 2023, prevedono che possa derogarsi alla regola generale per cui la stipula del contratto debba avere luogo entro i 60 giorni successivi all’efficacia dell’aggiudicazione purché ciò sia previsto espressamente dalla legge di gara, ovvero secondo l’attuale codice, “nell’ipotesi di differimento concordato con l’aggiudicatario e motivato in base all’interesse della stazione appaltante o dell’ente concedente, compatibilmente con quello generale alla sollecita esecuzione del contratto”.

A supporto, dunque, della determinazione di procedere con il differimento del termine previsto per la stipula del contratto d’appalto, diviene essenziale che il provvedimento sia adeguatamente motivato da parte dell’Amministrazione.

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