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Tribunale di Roma, Sez. XVI, sentenza n. 13171/2020

Tribunale di Roma, Sez. XVI, sentenza n. 13171/2020

Tribunale di Roma

Con la sentenza in rassegna il Tribunale di Roma in composizione collegiale ha ribadito un principio cardine in materia di risarcimento del danno per mancata ultimazione delle operazioni di collaudo entro i termini contrattuali, individuandone i relativi criteri di calcolo.

Come noto, per espressa previsione normativa e regolamentare le operazioni di collaudo dell’opera devono, di regola, essere portate a compimento nel termine di mesi sei dalla data di ultimazione dei lavori. Al riguardo, consolidata giurisprudenza ha osservato che al vano decorso del citato termine è correlata la presunzione, iuris tantum, di responsabilità per il ritardo in capo alla stazione appaltante, onde grava su quest’ultima l’onere di dimostrare che il medesimo ritardo sia dovuto a caso fortuito o forza maggiore, ovvero sia conseguenza di omissioni o condotte addebitabili all’appaltatore.

Sotto altro profilo, occorre rilevare che ai sensi dell’art. 32, comma 4, lett. n.) del D.P.R. n. 207/2010 ed, in precedenza, dall’art. 5, I co., lett. h), del D.M. n. 145/2000, anche dopo l’ultimazione dei lavori e nella pendenza del termine per l’emissione del certificato di collaudo, l’appaltatrice resta gravata dagli obblighi di vigilanza e custodia delle opere realizzate ed è, inoltre, tenuta alla relativa manutenzione volta ad assicurarne la buona conservazione; per tale ragione, il protrarsi ingiustificato delle operazioni di collaudo può comportare, a carico della medesima appaltatrice, la necessità di mantenere in vita determinate strutture finalizzate all’adempimento degli obblighi in questione, con i correlati maggiori oneri e costi.

Ebbene, sulla scorta delle considerazioni che precedono, il Tribunale di Roma ha precisato che “Nel contratto di appalto di opere pubbliche, l’effettuazione del collaudo, non costituisce una obbligazione contrattuale posta a carico dell’Amministrazione, dal cui inadempimento possa scaturire una responsabilità negoziale ex art. 1218 c.c., ma si inserisce negli atti di cooperazione incombenti sul creditore nel quadro dell’esecuzione di buona fede del contratto, dal cui inadempimento deriva il diritto dell’appaltatore al pagamento delle ritenute a titolo d’acconto e di garanzia, alla restituzione della cauzione definitiva, con estinzione delle garanzie fideiussorie prestate, nonché al risarcimento dei danni per le maggiori spese di custodia e di manutenzione dell’opera, per il maggior costo di smobilitazione del cantiere e per ogni maggior aggravio cui egli non sarebbe stato esposto se il collaudo fosse stato tempestivo”.

Quanto, poi, ai criteri di calcolo utilizzati per il computo dei maggiori oneri patiti dall’appaltatore, la sentenza chiarisce che “si ritiene che il danno subito dall’appaltatore per ritardo nella ultimazione delle operazioni di collaudo possa essere quantificato tenendo conto delle spese generali ancora attive, quali le spese amministrative d’impresa e quelle correlate alla custodia e guardiania, nonché dei premi che risultino essere stati pagati per garanzie fidejussorie e per la copertura assicurativa”.

Ed ancora “le spese che l’appaltatore continua a sostenere dopo l’ultimazione dei lavori fino al collaudo ammontano mediamente ad un importo che oscilla tra l’8% ed il 18% delle normali spese generali in corso d’appalto, precisando che il valore di tale percentuale dipende anche dall’eventuale presa in carico dell’opera da parte della committente”.

Da ultimo, il tribunale si sofferma su un ulteriore aspetto, spesso oggetto del contendere, relativo allo svincolo della rata di saldo, solitamente trattenuta dalla Committenza proprio a causa della mancata ultimazione delle procedure di collaudo.

Come anche ribadito recentemente dalla Suprema Corte (Cass., Sez. I, 13 marzo 2019, n. 7194), la sentenza statuisce che “nell’appalto di opere pubbliche la mancata emissione del certificato di collaudo da parte della Pubblica Amministrazione committente non preclude la possibilità per l’appaltatore di far valere il proprio diritto al pagamento della sorte capitale e degli interessi”.

Invero, l’Amministrazione appaltante, proprio con riferimento alle operazioni di collaudo, non può ritardare “sine die” le proprie determinazioni, paralizzando per un tempo indefinito i diritti della controparte, essendo tenuta ad eseguire il contratto nel rispetto degli artt. 1374 e 1375 c.c.; In conclusione, pertanto, “laddove il termine per l’emissione del certificato di collaudo trascorra senza che sia adottato alcun provvedimento, l’appaltatore ben può agire in sede giurisdizionale per far valere i suoi diritti, senza necessità di costituire preliminarmente in mora la debitrice”.

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