Cancrini e Partners

Consiglio di Stato, sez. III, 21.6.2022 n. 5093. Sul recesso dal contratto in caso di sopravvenuta informativa antimafia

Consiglio di Stato, sez. III, 21.6.2022 n. 5093. Sul recesso dal contratto in caso di sopravvenuta informativa antimafia

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Con la sentenza in commento, la Terza Sezione del Consiglio di Stato è tornata a pronunciarsi sulle conseguenze che derivano da una sopravvenuta interdittiva antimafia rispetto ad un contratto pubblico d’appalto, osservando quanto segue.

La vicenda che ci occupa trae origine dal recesso contrattuale dall’affidamento di un appalto per la realizzazione di una rotatoria disposto dalla Stazione appaltante, contestualmente alla relativa escussione della cauzione definitiva prestata dall’aggiudicatario, a seguito di una sopravvenuta informazione interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura nei confronti di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 84, comma 4, e art. 91, comma 6, del D. Lgs. n. 159 del 2011.

A seguito del rigetto del ricorso da parte del TAR per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna, il ricorrente proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, rinunciando a sollevare censure avverso il provvedimento interdittivo e lamentando l’illegittimità della misura dell’escussione della cauzione definitiva.

Ciò posto, il Collegio ha osservato che le stazioni appaltanti, ai sensi degli artt. 92 e 94 del Codice Antimafia, nel caso di sopravvenienze di un’interdittiva antimafia, cui si riconnette l’accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere destinatario di un rapporto con la pubblica amministrazione, sono tenute a recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. In tal senso, dunque, le determinazioni di caducazione del contratto d’appalto sono adottate, nell’esercizio di un potere vincolato della stazione appaltante, che esclude margini di discrezionalità.

Al contempo, il Collegio ha rilevato che l’appaltatore è tenuto a rispendere di tale evenienza, in quanto, ancorché l’informativa costituisce una sopravvenienza, i fatti che ne costituiscono il fondamento giustificativo e di cui la citata misura costituisce semplice sviluppo sono sicuramente conosciuti, o conoscibili, dall’impresa colpita e ricadono nella sua ‘sfera di signoria’, non potendo di certo essere sussunti nelle fattispecie esimenti del caso fortuito, forza maggiore o fatto del creditore.

Sicché, ad avviso del Collegio, è proprio l’appaltatore colpito dall’interdittiva ad aver cagionato l’impossibilità di adempiere; per l’effetto, tale evento ricade nell’ambito di operatività della garanzia offerta dalla cauzione definitiva essendo questa posta a presidio, a norma dell’art. 103 del d. lgs. 50/2016, (…) dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché a garanzia del rimborso delle somme pagate in più all’esecutore rispetto alle risultanze della liquidazione finale, salva comunque la risarcibilità del maggior danno verso l’appaltatore.

A tal proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’appaltatore colpito dall’interdittiva è quindi tenuto a rispondere del mancato adempimento mediante l’attivazione delle previste penali e fideiussioni. Le conseguenze patrimoniali della risoluzione del contratto, ivi compresa la sanzione della violazione dell’obbligo di diligenza, comporta necessariamente la responsabilità per i danni incolpevolmente subiti dalla Stazione Appaltante per il “mancato adempimento” del contratto (cfr. Cons. Stato Sez. II, 22 settembre 2021, n. 7810; Cons Stato, sez III, 24 ottobre 2018, n. 6052, 29 settembre 2016, n. 5533).

Quanto sopra rappresentato, peraltro, appare in linea con la finalità della garanzia in argomento che, a differenza di quella cd. provvisoria, riflette i caratteri della garanzia in senso stretto, rendendosi, dunque, operativa nei limiti del credito vantato dalla stazione appaltante.

Pertanto è possibile sostenere che il quadro normativo di riferimento prevede una forfettizzazione del danno per l’evenienza qui in rilievo nella misura del 10 % del contratto ovvero, in mancanza del suo perfezionamento, delle prestazioni al momento eseguite.

Sicché, fermo restando che l’intervenuta interdittiva antimafia legittima il recesso dal contratto e il conseguente incameramento della cauzione, il Collegio rileva che laddove detto incameramento ecceda la misura del 10% del contratto si deve giustificare mediante l’allegazione di danni ulteriori.

Rimani sempre aggiornato

Iscriviti alla nostra newsletter settimanale

Rimani sempre aggiornato

Iscriviti alla nostra newsletter settimanale