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Commissione Europea – procedimento di infrazione in merito al nuovo Codice degli Appalti (INFR(2018)2273) – Accesso agli atti (Art. 35)

Commissione Europea – procedimento di infrazione in merito al nuovo Codice degli Appalti (INFR(2018)2273) – Accesso agli atti (Art. 35)

Guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti

Con lettera di costituzione in mora dell’8.10.2025, la Commissione Europea ha aperto un nuovo procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia per il non corretto recepimento nella legislazione nazionale di talune disposizioni delle direttive in materia di appalti pubblici dell’UE (direttiva 2014/23/UE, direttiva 2014/24/UE e direttiva 2014/25/UE), nonostante l’adozione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, adottato con D. Lgs. n. 36/2023 e del suo “correttivo” (D.Lgs. 209/2024).

Le non conformità individuate erano già state oggetto di tre lettere di costituzione in mora complementari rispettivamente datate 25 gennaio 2019 (rif. SG(2019)D/1357), 28 novembre 2019 (rif. SG(2019)D/17429 — C(2019)8246) e 6 aprile 2022 (rif. C(2022)1617).

Nel mirino di Bruxelles due istituti cardine: la disciplina dell’accesso agli atti difensivo e, soprattutto, l’intera architettura della finanza di progetto, definita un “potente strumento elusivo” della normativa UE

La Commissione osserva che i rilievi mossi non sono stati interamente risolti e le disposizioni del Nuovo Codice aggiornato continuano ad essere non conformi al diritto dell’UE in materia di appalti.

In primo luogo, la Commissione osserva che nell’articolo 35 D.Lgs n. 36/2023, in materia di accesso agli atti e alla riservatezza, al comma 5 “è consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.

Tale impostazione stabilisce una prevalenza automatica e generalizzata del diritto di accesso difensivo sulla tutela della riservatezza, in violazione dell’art. 21 della Direttiva 2014/24/UE.

Ed infatti, la norma europea recita testualmente che “Salvo che non sia altrimenti previsto nella presente direttiva o nella legislazione nazionale cui è soggetta l’amministrazione aggiudicatrice, in particolare la legislazione riguardante l’accesso alle informazioni, e fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti, previsti agli articoli 50 e 55, l’amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte”.

Dall’analisi della normativa nazionale e di quella europea è di immediata evidenza che il principio della tutela delle informazioni riservate deve essere conciliato con le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale.

A tal fine, si deve effettuare un bilanciamento tra il divieto sancito all’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, inteso ad assicurare che gli operatori economici possano comunicare senza timore alle amministrazioni aggiudicatrici informazioni riservate la cui divulgazione potrebbe recare loro danno economico, e il dovere di garantire il diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale.

Tuttavia, nella misura in cui la normativa italiana stabilisce in modo generalizzato che sia consentito l’accesso del concorrente che lo richieda alle informazioni riservate, incluse quelle relative a segreti tecnici e commerciali, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici, tale normativa priva l’amministrazione aggiudicatrice della possibilità, garantita dalla direttiva 2014/24/UE, di non divulgare informazioni nelle circostanze di cui agli articoli 50 e 55 della medesima e stabilisce che il diritto alla tutela giurisdizionale del richiedente prevalga sull’interesse alla riservatezza del concorrente.

Su tale questione, nell’ordinanza del 25 giugno 2025 nella causa C-686/24, la Corte ha ribadito quanto statuito nella sua sentenza del 17 novembre 2022, Antea Polska e a. (C-54/21), chiarendo che la legislazione nazionale non può imporre una scelta generale circa la prevalenza dell’esigenza di effettività della tutela giurisdizionale sul diritto alla tutela delle informazioni riservate.

La Commissione ritiene pertanto che, nella misura in cui l’articolo 35, comma 5, del D. Lgs. n. 36/2023 quale modificato dal decreto correttivo prevede l’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di concedere all’offerente che ne faccia richiesta l’accesso alle informazioni riservate, comprendenti segreti tecnici o commerciali, presentate da un altro offerente, se ciò è indispensabile per tutelare il diritto del primo a una tutela giurisdizionale effettiva, senza consentire a detta amministrazione aggiudicatrice di procedere a un bilanciamento tra tale diritto e gli interessi e gli obiettivi relativi alla tutela dei citati segreti tecnici e commerciali, la normativa italiana in materia di accesso agli atti e riservatezza negli appalti pubblici violi l’articolo 21, paragrafo 1, di tale direttiva, in combinato disposto con gli articoli 50 e 55 della stessa, nonché gli articoli corrispondenti delle altre direttive sui contratti pubblici e, più precisamente gli articoli 28 e 40 della direttiva 2014/23/UE e gli articoli 39, 70 e 75 della direttiva 2014/25/UE.

Si tratta, infatti, secondo la Commissione, di una soluzione rigida e non conforme, che non lascia spazio a quella valutazione ponderata che le direttive invece esigono.

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